Buon compleanno Riccardo Casalaina!

di Carmelo Guido Crimi

In occasione del compleanno di Riccardo Casalaina (19 maggio) ripubblichiamo un vecchio articolo sul nostro illustre concittadino. In questo articolo, a differenza di tanti altri, si pone l'attenzione sulle sue opere e sulla sua genialità di musicista e compositore.



GAZZETTA DEL SUD/ ANNO 28  N. 18/ VENERDI' 19 GENNAIO 1979

La breve ma intensa vita del musicista novarese Riccardo Casalaina

Il terremoto fermò le note

Perì insieme con la moglie nella tragedia di Messina del 1908, quando nel teatro Vittorio Emanuele erano in corso le prove della sua opera lirica <<Antonj>>. Una carriera di ragazzo prodigio fino al diploma conseguito a Napoli fra l’entusiasmo dei suoi stessi maestri.

il musicista Riccardo Casalaina
con il manoscritto di una sua opera
di Guido Orlando
NOVARA DI SICILIA- E’ stato recentemente commemorato dalla comunità giovanile novarese (Cgn) il musicista compositore Riccardo Casalaina, di cui è appena ricorso il settantesimo anniversario della morte, avvenuta tragicamente nel disastro di Messina del 1908, a soli 26 anni quando era da poco entrato nel cammino della grande arte. La manifestazione, che ha visto il pubblico delle grandi occasioni, è stata seguita da tre lavori teatrali di autori siciliani («Sua Eccellenza»  di Martoglio, «Cavalleria rusticana» di Verga e «Ppi lu currivu»  di Capuana) che sono stati messi in scena nel settecentesco teatro comunale di Novara di Sicilia intitolato allo stesso Casalaina. Ricevuta la prima educazione musicale dal padre, capo-musica della banda municipale di Novara, nella breve vita del Casalaina non si registrò un attimo in cui egli non abbia creato pagine di musica intensa e vibrante, grazie alla sua grande passione e soprattutto alle sue attitudini che si manifestarono precoci e lo fecero apparire al pubblico dotato di ingegno superiore. Basta dire che il suo gioco infantile preferito consisteva nel dirigere una banda composta dai suoi coetanei, con i quali dava vita, lungo le strade di Novara, a mini spettacoli bandistici e canori. A nove anni Riccardo, al Conservatorio di Palermo, dove rimase tre anni, sostenne le prove di esame al primo corso di pianoforte, classificandosi primo su 18 concorrenti e ottenendo l’esonero totale delle spese annuali. Per seguire gli studi dell’armonia e della composizione sul filo dell’autentica tradizione classica e darsi, quindi, all’opera teatrale, lasciò Palermo per frequentare il Conservatorio di S. Pietro a Maiella di Napoli dove, in sette anni conseguì il diploma di pianista e, tre anni dopo (1903), quello di compositore sotto la guida di tre bravi maestri: Rossomandi, Serrao e Martucci che considerarono il discepolo «un Mozart redivivo» . Nell’ anno 1896 (non ancora diplomato) il Casalaina, che sognava il teatro, aveva già dato prova del suo valore e del suo pensiero drammatico con l’esecuzione al piano di alcuni pezzi difficili in numerosi concerti tenuti nella sala «Principe Mola»  di Messina e l’anno dopo (nella stessa sede) con «Agatuzza» , scene siciliane in due quadri musicate su un libretto di Eugenio Melode, la migliore composizione del periodo della sua adolescenza, tanto apprezzata che il pubblico, la stampa e gli artisti presenti, concordemente, avevano definito l’autore, allora tredicenne, una sicura speranza dell’arte. Continuò a comporre incessantemente come se nel suo inconscio vi fosse il presagio della fine prematura, creando un numero incredibile di opere e composizioni musicali varie, comprese le riduzioni di orchestra e le parti per le opere sceniche. La laboriosità instancabile del Casalaina, nonostante la sua breve esistenza, non trova facilmente paragone; numerosissimi i suoi lavori più di quanti ne abbiano lasciati altri grandi maestri della musica: 29 composizioni edite per canto ed orchestra; 14 romanze per canto e piano; 14 pezzi per piano solo, per violino e piano e per grande orchestra; sei musiche sacre; otto valzer; otto mazurche; tre polke e, inoltre, ben undici lavori scenici: «Agatuzza» , «Ciuzza» , «Lidda» , «Soli» , «Jaufrè» , «Rudel» ,«Attollite Portas» , «L’addio di Lucia» , «Aretusa» , «Dolce ricordo» , «Intermezzo e Sirventese»  ed, infine, «Antonj» , che immortalarono la vita artistica dell’autore, musicista lirico di temperamento melodico e drammatico. Della eccezionale produzione musicale del giovane Casalaina (a parte la rivelazione con «Agatuzza» ) sono sufficienti tre lavori «Attollite Portas» , «L’Aretusa»  e «Antonj»  per ricordare il successo e per apprezzare l’elevato grado teatrale e le doti geniali dell’artista immaturamente scomparso. Un mese prima di conseguire il diploma di compositore, il diplomando si presentò al pubblico nella sala magna del Conservatorio napoletano con un poemetto lirico-sinfonico-drammatico (composto su versi di Arturo Graf): «Attollite Portas»  che egli stesso diresse con particolare bravura e che, in effetti, gli aprì le porte come compositore e come direttore di orchestra. Infatti alle melodie fece combaciare la strumentazione con tale maestria da sorprendere critici e pubblico e da commuovere ed entusiasmare gli stessi suoi maestri che, alla fine della esecuzione, gli andarono incontro, abbracciandolo ripetutamente (7 giugno 1903). Nel preludio, in modo particolare, il giovane esordiente diede dimostrazione di possedere già le qualità del grande artista, tali da far considerare l’opera una creazione perfettamente completa, frutto di virtù superiori e piena dimostrazione degli studi eseguiti. Quando aveva 22 anni, egli compose «L’Aretusa» , il suo primo lavoro per le scene liriche, egregiamente strumentato e ricco di idee e di spunti originalissimi: un idillio mitologico, in un atto, scritto dal fratello Giuseppe. Lo presentò in prima il 9 febbraio 1904 nel Teatro Vittorio Emanuele di Messina dove ottenne, a prova del suo temperamento musicale, il successo sperato. Del preludio fu richiesta la ripetizione anche a Palermo dove alcuni mesi dopo (la sera del 6 maggio 1904), l’opera venne rappresentata nel Teatro Massimo, lungamente applaudita per l’insieme di melodia e strumentazione. Tutta la musica dell’idillio è passionale-moderna e di sicuro effetto. Essa aveva come interpreti il soprano Dalia Bassich e il tenore Josè Garcia. L’opera è costituita da un duetto fra Aretusa (soprano) e Alfeo (tenore), intramezzato da alcune delicate strofe di un coro, spezzato da una danza. Questa prima composizione teatrale fece pronosticare quei trionfi che sono riservati soltanto ai veri figli dell’arte. Nel dirigere, quale vicedirettore, nel Vittorio Emanuele le grandi opere («Un ballo in maschera» , «Manon Lescaut», «Traviata» , «Elisir d’amore»  e «Mefistofele») il Casalaina ripropose ai messinesi, durante la stagione lirica del 1906 (febbraio), la sua «Attollite Portas» con Emeralda Pucci, Elvira Leveroni, Bellantoni e Carozzi, ottenendo un successo superiore a quello della edizione napoletana di tre anni prima. Seguì, quindi, «Antonj», un’opera ricca di segreti e di trovate sceniche, le cui pagine sono rivestite di bella e pregevole musica che diventa sempre più entusiasmante nel suo svolgimento. «Antonj»  è stato l’ultimo lavoro teatrale con il quale il giovane musicista voleva presentarsi all’élite messinese sulle scene del Teatro Vittorio  Emanuele con la perfezione che egli vagheggiava in arte, dopo il successo di «Attollite Portas»  e «Aretusa». A Messina, dove si era stabilito da qualche anno, il Casalaina completò la strumentazione di «Antonj» (1908), il cui argomento, ridotto per le scene liriche, tratto da un dramma di Alessandro Dumas, venne posto in versi poetici da Enrico Golisciani. Nacque così, in una mirabile fusione tra pensiero poetico e pensiero musicale quell’opera dalle vesti passionali e drammatiche paragonata al quarto atto della «Carmen». In questo suo ultimo lavoro, oltre alla genialità, c’è il temperamento dell’artista e del compositore lirico moderno: l’ardore dei suoi anni giovanili e la sua passione di uomo e di artista. Adele (soprano) creatura debole e passionale; Antonj (tenore); il colonnello d’Hervej (baritono) ed infine De Camps (mezzo soprano), vedovella maldicente ed insinuatrice (atto secondo) che, con le sue maligne allusioni provoca l’ira di Antonj che, di rimando, inveisce con furore. E’ questo uno dei pezzi più forti e vibranti dell’opera e che riesce a scuotere ed emozionare perché qui l’orchestra assume toni quasi violenti e, dopo alcune battute, cambia tempo per dare vita ad un delicato valzer lento: «l’orchestra le garrule sue note riprende» … Poi il duetto di grande effetto, la cui interpretazione mette a fuoco l’intimo dei caratteri dei due personaggi principali dell’opera, Antonj e Adele come, in effetti, intese crearli l’autore. Dalla forza, dall’ ardire e dall’ irruenza che sono le caratteristiche di Antonj viene fuori un amore caldo e profondo per Adele: «se mille vite avessi io tutte le darei» . Quindi, il canto di entrambi che in un crescendo d’insieme, va sino al forte dell’orchestra. Il preludio del terzo atto, che fa intuire la vicina catastrofe, è il meglio della potenza lirica e della drammaticità dell’opera del Casalaina. Oltre alla berceuse, una frase di grande effetto lirico, nel pieno dell’orchestra, chiude il preludio con queste parole «vo’ che gli ultimi palpiti de’ nostri cor… che gli ultimi sospiri insieme si confondano e si spengano insieme… e nell’istesso avel l’eternità» . Antonj chiede ed ottenne dalla sua innamorata, Adele, di confondere anche l’ultimo palpito e di avere l’eternità nella medesima tomba, mentre il duetto si conclude sulle tragiche note musicali che nel preludio fanno presagire la catastrofe: Adele accetta di morire e Antonj la colpisce a morte. L’opera che comincia con un duetto piacevole scherzoso, tra l’albergatrice e il suo «giovine» cameriere, si conclude con tanta commozione per la morte tragica dei due amanti, un finale drammatico reso ancora più emozionante dalla musica toccante del Casalaina. Ma tra tanta drammaticità, quello che continua a colpire l’attenzione commossa del pubblico, è la sublime menzogna di Antonj che, per salvare l’onore di Adele di fronte al marito e alla società; dice di averla uccisa perché lo aveva sempre respinto e ancora… gli resisteva; Antonj aveva amato corrisposto, Adele che aveva conosciuto fanciulla e che, per pregiudizi sociali, non aveva potuto sposarla, ne era diventato per una serie di combinazioni fatali, l’amante, dopo che ella era diventata moglie del colonnello d’Hervej.  




Guido Orlando
autore dell'articolo pubblicato sulla gazzetta del Sud il 19/01/1979




















                  



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